La legge di stabilità, ovvero la legge che attua la manovra di settembre, approvato la settimana scorsa, contiene una tassa di 10-15 euro su chi fa domanda per partecipare a un concorso pubblico.
Crediamo che questa misura sia sbagliata, per due motivi.
Crediamo che questa misura sia sbagliata, per due motivi.
In primo luogo ne fa del lavoro pubblico un privilegio da tassare. Il lavoro pubblico è un oggetto di molteplici critiche in Italia. Da un lato è ritenuto inefficiente e dispendioso. Dall’altro lato, odora di clientelismo, in quanto spesso riservato ai raccomandati. Le critiche sono fondate, ma non si possono generalizzare. Non tutti dipendenti pubblici sono raccomandati e non tutti servizi pubblici sono inefficienti. E, soprattutto, le cause di questi problemi non sono i singoli lavoratori, ma gli inadeguati sistemi di governo dei servizi pubblici e di incentivazione di che ci lavora. Occorre risolvere questi problemi alla radice anziché ritenere che siccome i dipendenti pubblici sono raccomandati e fannulloni, è accettabile tassarli.
Il secondo motivo che rende la misura sbagliata è che va contro la prima priorità dell’Italia, cioè la creazione di più posti di lavoro. L’Italia ha il tasso di partecipazione al mercato del lavoro tra i più bassi nel mondo. Da noi lavora il 63% delle persone tra 15 e 65 anni, contro il 75% della Germania. Una tassa sulla ricerca di occupazione, anche se si tratta di impiego pubblico, è un disincentivo al lavoro.
La tassa potrebbe portare nelle casse dello stato qualche milione di euro e quindi un’entrata di entità del tutto marginale nel contesto di una manovra di quasi 60 miliardi. Di fatto, è una misura simbolica che lancia un messaggio che riteniamo sbagliato. Voi, che ne pensate?
Redazione Global Publishers
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